Negli ultimi mesi abbiamo masticato a lungo il termine “prato sostenibile”. E un po’ ci siamo sentiti sollevati quanto meno dall’averci pensato. Fino a ieri lo sentivamo nell’aria, oggi lo nominiamo…
E domani, saremo in grado di attuarlo? O resterà un’illusione dettata dal momento e dalla voglia di cambiamento che tutti noi oggi sentiamo impellente?

Proteggeremmo uno dei più grandi patrimoni nascosti della Terra: il valore biologico del suolo. Un’immunità naturale contro insetti e malattie, un contenitore microbiologico che digerisce le sostanze chimiche prodotte dalla civiltà umana e le rendono accettabili dalla pianta, la fonte primordiale di vita. Così facendo contribuiremmo ad attivare la biodiversità presente in un suolo fertile, microorganismi come batteri, funghi, nematodi utili, microfauna come artropodi e anelli o protozoi, che hanno un ruolo determinante nel ciclo nutritivo dell’ecosistema dei prati naturali.

Ma a un certo punto qualcuno si alza e dice: “Lo spettacolo va avanti!”.
E così si torna a un mondo dove vige la legge della TV, con il suo giro d’affari che impone una manutenzione super intensiva dei campi di calcio (devono avere colore verde intenso e concimazioni azotate in overdose e a pronto effetto!), e quella degli allenatori, che costringono il groundsman a tagliare il prato a 20 mm, un modo “insostenibile” di preservare l’ambiente.

Me lo diceva James B. Beard, riconosciuta autorità mondiale sul tema del prato e mio primo docente: «…un tappeto erboso verde medio con un tasso di crescita moderato avrà l’apparato radicale più profondo con meno feltro, una riduzione dei problemi di malattia e insetti e maggiore tolleranza agli stress ambientali come calore, siccità, freddo e usura.”
Ovvero: una manutenzione meno intensiva rimette in gioco la competizione naturale del prato, e trasforma un’esile graminacea in un ecosistema che migliora la qualità dell’aria, controlla  l’erosione del suolo e protegge le acque sotterranee, offrendo a moltissime specie animali un habitat di vita (anche nel giardino di casa nostra).

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