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Curare il suolo

Con i nostri campi di calcio, i giardini curati, con i vivai di produzione di prato pensiamo spesso di essere protagonisti, un po’ al centro del mondo, insomma, e di appartenere a quella categoria di figure che impattano sull’ambiente e sulla salvaguardia di un bene che ci è solo stato dato in prestito.

Per fortuna contiamo veramente poco nel mondo, noi con qualche migliaio di ettari a prato intensivo, e lo stesso dicasi di altri paesi, che più che “evoluti” direi “sparuti”, ci salviamo l’anima quando ci dicono che i nitrati accumulati nelle falde sono il veleno che ucciderà le fasce deboli del mondo, come una selezione naturale che regola l’equilibrio instabile di una equazione cibo prodotto = bocche da sfamare.

Sono forse i nitrati a regolare la concentrazione demografica? Forse no ma di certo ne conosciamo gli effetti deleteri una volta che superano lo stomaco e vengono convertiti dalla flora batterica intestinale: questa combina il nitrato con l’emoglobina del sangue e dà origine alla metemoglobina che impedisce il naturale trasporto di ossigeno nel flusso sanguigno, ciò che uccide per asfissia alla quale sono particolarmente sensibili i neonati.

Le graminacee da prato non sono particolarmente avide di Azoto così come alcune colture agrarie come il mais e questo ci assolve dal peccato, cosa che non succede nelle estese coltivazione in USA o in India e Cina, dove la resa quantitativa è proporzionale alla dotazione proprio di nitrati, unica fonte di ingresso dell’azoto nella pianta, dove l’agricoltore è indotto dalle multinazionali del food industry a ricercare la sussistenza con sovrabbondanza di concimi azotati, solitamente a basso costo.

L’equilibrio nutrizionale nel suolo a vantaggio di una produzione vegetale è una delle maggiori espressioni di competenza agronomica, una necessità di comprensione dal punto di vista biologico e della modalità di trasformazione degli elementi minerali in sostanza secca, e una conoscenza rigorosa della chimica organica, la chimica della vita, quella del Carbonio.

La filiera che porta a questo risultato è fatta di persone, della loro preparazione e dal criterio di valutazione che si portano appresso per creare valore per sé e per l’ambiente come in un sistema olistico.

P.S. La newsletter va in ferie, ma ci rivediamo qui, a settembre, per tornare a parlare di prato oltre il visibile. Grazie a chi mi ha letto in questi primi mesi e buona estate!

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